NON PASTORIZZATO
Salsa "Marisa" 200ml
Salsa Ariete aromatizzata, da leccarsi i baffi!
Salsa Marisa (shoyu aromatizzato)
La Salsa Marisa è una "salsa di soia" (senza soia) davvero speciale! Si tratta di una Salsa Ariete in cui abbiamo messo in infusione vari ingredienti, tra cui foglie aromatiche di varie piante. L'esplosione di aromi buoni è all'origine del suo nome un po' bizzarro. Forse si potrebbe considerare a pieno titolo uno shoyu mediterraneo, non solo per gli ingredienti, tutti tipici delle nostre aree, ma soprattutto per il suo stile. In questa salsa non si percepisce soltanto l'umami intenso e rotondo di una salsa di ceci, ma anche gli aromi prorompenti delle nostre piante aromatiche come salvia, rosmarino e alloro. Il tocco di amaro dato dalle foglie di noce è sensazionale.
Avremmo potuto chiamarla "Salsa di Giove", ma invece si è chiamata Marisa...
Quando in CibOfficina abbiamo completato la prima volta la maturazione della ricetta definitiva, ossia nella fase finale di sviluppo del prodotto, abbiamo filtrato la salsa assieme allo chef Luca Sordi che era in azienda per un periodo di formazione. Tenendo in mano la pentola dove era stata la salsa, Luca ha fatto una battuta, “è così buona che mi leccherei la pentola!”. Alla sua battuta seguì l’ilarità generale con un susseguirsi di risposte, “sei proprio un leccapentole”, “lavala piuttosto...”, “dovremo cambiare la serratura adesso, altrimenti Luca verrà a berla di nascosto…”, “visto che sei un leccapentole, ti chiameremo Marisa!”.
Forse non tutti sanno che la spatola di gomma usata spesso in cucina è soprannominata sia leccapentole che Marisa. Il passo successivo è stato di dare un nome “provvisorio” alla salsa: Salsa Marisa. Poi questo nome è rimasto indelebile...
La Salsa Marisa può essere utilizzata per condire e insaporire sia cibi crudi che cotti. Si può emulsionare con olio e il solo limite è la fantasia!
NON CUOCERE! I fermenti vivi contenuti nella salsa non pastorizzata vengono uccisi dalle temperature molto elevate, per cui va aggiunta, preferibilmente, al termine della cottura o a freddo.
Se ti va, dai un’occhiata alla sezione ricette, curata da Giulia Pieri, per farti ispirare.
Conservare al fresco e in frigorifero dopo l’apertura..
Ingredienti: Salsa Ariete (frumento, ceci, sale marino integrale, acqua, spore di Aspergillus oryzae), cipolla, foglie di noce, salvia, rosmarino, alloro, aglio
Dichiarazione nutrizionale per 100 g (in grammi):
val. energetico: 58 kcal; grassi: 1,6; grassi saturi: 0,2; carboidrati: 9; zuccheri: 4; proteine: 6,3; sale: 8,7.
Prodotto da
Nesler società semplice agricola
strada Sterpaio snc
Viterbo (VT)
Lo shoyu (chiamato anche “salsa di soia”) è un insaporitore di origine asiatica. Nella tradizione orientale si fa più frequentemente con soia e frumento. Tradizionalmente la maturazione naturale durava almeno un anno. Curiosamente il conteggio tradizionale degli anni di invecchiamento delle salse in Giappone e in Cina tiene conto solo della stagione estiva, per cui uno shoyu che matura dalla primavera all’autunno dell’anno successivo viene indicato come “invecchiato 2 anni” anche se ha 14 mesi. Alla CibOfficina conteggiamo gli anni in 12 mesi, ma valutiamo la maturazione dei prodotti in base alla loro naturale evoluzione, senza nasconderci dietro al calendario. La maturazione avviene senza intervenire sulle variazioni stagionali delle temperature, come insegna la tradizione. Lo shoyu è uno dei cibi più ricchi al mondo di “UMAMI”, il cosiddetto quinto gusto (in italiano indicato spesso anche come “sapido”). Gli altri gusti fondamentali sono dolce, salato, amaro e aspro.
Il procedimento di produzione prevede l’inoculo del legume e del cereale con spore di Aspergillus oryzae per la produzione del koji. Questa prima fermentazione dura circa due giorni e va seguita costantemente mantenendo temperatura controllata e rimescolando e arieggiando periodicamente. Il koji viene poi mescolato ad una salamoia forte e lasciato fermentare.
Per tutti i nostri prodotti:
Utilizziamo esclusivamente materie prime locali, selezionate e controllate. Non facciamo uso di soia, né di prodotti contenenti OGM o prodotti chimici di sintesi. Nelle schede e in etichetta sono indicati tutti gli ingredienti utilizzati, senza esclusioni.
Il nostro modo di intendere il “locale” tiene conto del clima e degli spostamenti reali che facciamo, oltre che di qualche altra considerazione di buon senso.
Se una materia prima è reperibile entro pochi chilometri dall’azienda
con un livello qualitativo che ci soddisfa, preferiamo acquistarla qui.
Cerchiamo inoltre di stringere rapporti di collaborazione con gli agricoltori più coscienziosi della zona. La cosa che preferiamo in assoluto è produrre noi stessi le materie prime.
Ma se troviamo che un agricoltore lavora con un alto livello di rispetto
della Terra e dell’Uomo ed è in grado di produrre alti livelli
qualitativi, ci sentiamo di utilizzare i suoi prodotti, anche se vengono
da regioni più lontane.
Preferiamo la qualità al concetto astratto di “locale”, preferiamo
conoscere i fornitori, preferiamo sforzarci per la qualità, che
accettare passivamente delle etichette. Preferiamo il piccolo al grande
produttore e… siamo realistici. Il compromesso a volte è fare più
strada, piuttosto che abbassare il livello qualitativo. Il nostro
“locale” è un “locale relativo” che ci fa usare sale integrale di
Sicilia, piselli toscani e legumi del Molise, ad esempio, ma anche
verdure nostre, cereali coltivati in Tuscia, nocciole coltivate a pochi
chilometri dalla CibOfficina, cipolle dei nostri vicini, e così via.